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Il lavoro mobilita l'uomo

di Andrea Saviano


Da mesi Pietro non riusciva a dormire. Non che girasse per la casa tutta la notte in preda all'insonnia. Più semplicemente si rigirava nel letto in cerca di una posizione che gli permettesse di non pensare.

Anche se tutto pareva immutato: i negozi erano sempre pieni, le strade sempre trafficate, la pubblicità sempre battente; qualcosa gli diceva che in fabbrica il calo delle attività non solo era evidente ma preoccupante.

Nessuno gli chiedeva più il favore di andare al lavoro qualche sabato, anzi tutti i dirigenti gli ribadivano che lo straordinario non autorizzato non sarebbe stato riconosciuto. In quanto a fare dello straordinario autorizzato, non rammentava l'ultima volta che ciò era accaduto, perché nemmeno l'usuale epidemia d'influenza era riuscita a far fare qualche ora di lavoro in più.

Viste le decurtazioni che lo stipendio aveva subito in conseguenza delle varie settimane di cassa integrazione, un po' di supplemento almeno per i picchi di produzione non avrebbe certo fatto male.

Cosicché, di fronte all'incertezza del domani, ogni singola spesa imprevista era diventata un esercizio di ragioneria spiccia e un pugnale piantato alla schiena.

Anche quella che era una frase usualmente rivolta senza malizia tra amici quando ci s'incontra per strada: « Allora, come ti va? » Aveva assunto per Pietro un ingiustificato stato d'imbarazzo dovuto a un profondo senso d'umiliazione.

Come rispondere? Onestamente o diplomaticamente? Volendo essere corretti, doveva rispondere con la cruda verità?

« Va male, se le cose non si sistemano, a quasi cinquant'anni mi ritrovo senza lavoro e, senza reddito, mi sento privato della mia dignità! »

Anche il suo cinquantesimo compleanno, ormai imminente, non aveva affatto l'aspetto di una celebrazione piuttosto di un'ossessione quella di essere vecchio.

Insomma, tra una cosa e l'altra, erano settimane che non usciva la sera e men che meno il sabato e la domenica.

Che Pietro non fosse felice negli ultimi tempi era evidente a tutti, tant'è che chiunque si riferisse alla moglie lo faceva esclamando: « Quella santa donna! »

Anna, questo era il nome della moglie, aveva accettato quella situazione senza reagire, anche perché un imbarazzante silenzio s'era alzato tra loro due come un muro invalicabile.

Pietro tornava dalle otto ore di lavoro più stanco di quando ai “bei tempi” ne faceva dieci o undici. Si sedeva a tavola e, con aria assente, faceva finta di seguire il telegiornale. Restava anche minuti con il cucchiaio o la forchetta in mano, immobile, perduto in chissà quale angosciosa riflessione.

Se Anna gli chiedeva: « Qualcosa che non va? »

Lui si limitava a infilare in bocca la posata, anche quando questa era vuota.

CONTINUA